“Siamo saltati in aria. Come se ci fosse esplosa una bomba sotto i piedi”
Il bidello della scuola di Amatrice non avrebbe potuto usare altra immagine per farci comprendere cosa è successo realmente quella notte di agosto.
Ci ha portato a vedere casa sua.
È rimasta su ma non può più tornarci perché si è spezzata nelle fondamenta.
L’hanno riaccompagnato a prendersi qualche cosa. E le quattro chitarre. Ma i panni sono rimasti stesi sul balcone.
Nella casa di fronte ci abitava il fratello. Questa possibilità lui non l’ha avuta perché è crollata e ci è rimasto sotto.
“Vedete questi ferri ? Sono lisci. Hanno fatto il cemento armato coi ferri lisci.”
Amatrice è una via di mezzo fra un set cinematografico e l’avamposto di una guerra. Carabinieri, poliziotti, esercito, croce rossa, protezione civile. Il tutto sotto i riflettori.
Dove per incontrare il sindaco, quello che tutti ormai conoscono, fai la fila e attendi che il carabiniere ti faccia entrare nel suo ufficio container.
Il sindaco che per ringraziarti ti abbraccia.
Sotto i riflettori Amatrice.
La scuola costruita in poche settimane dal Trentino, la mensa di Save The Children.
Mentre giriamo fra le macerie e cerco di immortalare in foto i sentimenti forti che proviamo, mi accorgo che non siamo gli unici a farlo.
Altre macchine fotografiche. Altri visi increduli.
Sotto i riflettori.
Quelli che non vedi sulla Salaria mentre attraversi Accumuli e Pescara del Tronto.
Quel tratto di Salaria è simile a tanti tratti di strade statali e provinciali italiane. Percorsi in mezzo a monti più o meno alti. E paesi in pietra arroccati con i campanili che svettano.
Doveva essere così Pescara del Tronto. Ma ora vedi solo più montagne di pietre.
Accampamenti di esercito, vigili del fuoco e tutti gli altri.
“Accumuli é viva”
Scritta che di notte si illumina sopra i container. Dove capisci che anche se qui i riflettori non ci sono, le persone hanno la stessa voglia di farcela.
I riflettori non ci sono neanche ad Acquasanta. Anzi non vedi neanche troppe macerie o case crollate.
Alessandro ci ha portato a vedere il salone parrocchiale che è stato danneggiato dalle scosse ma è caduto solo sotto il peso della neve.
Alessandro ci dice che non vediamo nessuno in giro perché le case sono si in piedi, ma quasi tutte inagibili.
Alessandro.
Giovane Assessore, responsabile della locale sezione degli Alpini e cuoco nel suo hotel ristorante delle Terme. Salvato dalle grotte che ci sono sotto perché hanno attenuato l’onda sismica.
Alessandro . Il primo ad accoglierci al nostro arrivo in queste terre. È lui ad accompagnarci nelle scuole di Acquasanta insieme al vicepreside: il prof di Musica. Che ha scritto l’inno dell’Istituto Comprensivo. L’inno di Acquasanta lo scrisse suo padre.
E qui i riflettori non ci sono.
Ma non siamo i primi a venire.
Ci raccontano della grande generosità degli italiani. Qui come ad Amatrice. E, come pare di capire, negli altri luoghi colpiti dal sisma. Indipendentemente dalla presenza o meno dei riflettori.
Esperienza forte.
Mi rimarrà scolpita addosso.
Credo che i prossimi viaggi che avrò la fortuna di fare con la mia famiglia avranno un sapore diverso. E forse aumenterà la capacità di guardare non solo con gli occhi i luoghi e le persone che ci vivono. Come forse feci quando una decina di anni fa passammo da queste parti.
Esperienza forte.
Anche grazie alla squadra con cui ho avuto la fortuna di farla.
Valeria. Ideatrice e anima di questo progetto. Un concentrato di energia e capace di catalizzarne altrettanta intorno a sé.
Giuseppe. ll nostro navigatore. Il nostro assessore. Ha saputo legare subito con le persone che abbiamo incontrato e, anche se così giovane, ha degnamente rappresentato la nostra comunità Moncalierese.
Piero. Alla guida. Instancabile ha macinato i chilometri senza che ce ne accorgessimo. L’ultimo ad entrare nel progetto ma determinante nella sua buona riuscita.
Elio e Franco. Gli Alpini. E non c’è bisogno di dire che lo sono. Come la penna del loro cappello viene vista, sui volti delle persone che incontri si accende il sorriso. E il sentimento di riconoscenza che tutti hanno nei loro confronti. È il ricordo dei momenti più difficili e delle persone che in quei momenti li hanno aiutati.
Ho scattato parecchio. Meno del solito.
Mi sono sentito un pò in imbarazzo.
Fare fotografie ai panorami o a momenti di festa è facile. Farlo in mezzo ad un disastro del genere o alle persone la cui vita è stata stravolta è tutt’altra cosa.
Ho perso qualche scatto.
L’abbraccio più caloroso che ho visto era così vero ed emotivamente forte che non sono riuscito a portare su la macchina e a scattare.
Di sicuro lo conserveremo nel cuore.